piccolo laboratorio di condivisione "mericiana" per persone che non hanno la presunzione di essere già arrivate...
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sabato 26 gennaio 2013
venerdì 25 gennaio 2013
Preparazione al pellegrinaggio "mericiano" (5)
Camminare nel pellegrinaggio
Il cammino del pellegrino assume anche, se non soprattutto, una forte valenza spirituale, poiché chi lo intraprende si dispone ad un percorso di ricerca i cui contorni non sono ben definiti.
Sa di dover rinunciare ad alcune sicurezze o certezze e di esporsi all’imprevisto, che non considera necessariamente un rischio ma un’opportunità di crescita.
Il pellegrinare è una metafora della vita: è attraversare spazi e tempi con l’intento di allargare il proprio sguardo oltre gli orizzonti ordinari e quotidiani, per cogliervi l’essenziale che dà senso all’esistere.
Domanda pazienza, richiede adattamento, educa al rispetto dei tempi e al senso dell’attesa. Camminare da pellegrini è abilitare la propria umanità allo spazio aperto, all’incontro senza troppe difese dell’altro; è un’immersione nella creazione per viverla come dono e per incontrarsi e riconciliarsi con Chi l’ha donato.
Lo spirito dell’uomo si affina con il suo incedere, perché attraverso i sensi accoglie nella propria anima luci, colori, geometrie, persone, storie, dialoghi, che diventeranno patrimonio del proprio mondo interiore.
In questo senso il cammino del pellegrino non solo aiuta a incontrare se stessi, ma aiuta a riconoscere i contorni della propria identità, che si precisa in questa intima e profonda relazione con il creato, con i suoi abitatori e con il suo Creatore.
giovedì 24 gennaio 2013
Preparazione al pellegrinaggio "mericiano" (4)
Il cammino verso i luoghi santi assunse nel tempo molteplici valenze e significati, da quello penitenziale a quello devozionale, ma in ogni caso implicava sempre una profonda conversione interiore. Il pellegrino simboleggiava l’umanità in cammino alla ricerca di Cristo, per cui il suo era un percorso di purificazione che si sostanziava in pratiche ascetiche culminanti nel contatto fisico con i santi luoghi. Qui l’emozione era fortissima: era il contatto con la potenza taumaturgica di Dio che segnava la vita del pellegrino. Tornato in patria con i simboli di questi luoghi – la conchiglia per Santiago di Compostela, le chiavi di Pietro per Roma o la palma per i pellegrini della Terra Santa – continuava una santa vita godendo del rispetto e della venerazione dei suoi concittadini.
Che cosa significa, invece, per noi oggi il pellegrinaggio a piedi, in un’epoca che ha fatto della veloce mobilità uno dei suoi simboli più caratterizzanti.
Cominciamo dal mezzo di locomozione: il camminare.
El camino es la vida è una delle frasi più frequenti che si sentono lungo i sentieri del cammino che, in Spagna, porta a Santiago de Compostela, uno dei tre pellegrinaggio più importanti del Medioevo e che oggi è ritornato prepotentemente di attualità.
Nel viaggio a piedi lento, meditabondo e contemplante, si può finalmente trovare quello che la vita contemporanea ci permette solo a tratti, di sentire: la fusione con il creato in una percezione profonda della natura che ci circonda, per cui avvertiamo come ferite a noi inferte gli scempi che l’ignoranza, l’ingordigia, di una civiltà guidata dal desiderio di profitto hanno inferto ad essa.
Chi cammina sa che spesso occorrono diversi giorni di cammino per poter raggiungere una nuova visione e per abbandonare il dolore fisico, le preoccupazioni e le paure mentali, per conquistare la leggerezza di uno stato naturale dell’uomo. Stato che spesso gli viene sottratto o cui noi stessi rinunciamo, più o meno consciamente, per rincorrere i miti del benessere o le cosiddette “necessità della vita”.
Forse è questo l’antico potere curativo del pellegrinaggio: il riavvicinamento alla “bellezza e al divino”. Questo è ciò che hanno sperimentato San Francesco o, per stare a chi è vicino, Sant’Angela Merici , i quali, dopo averlo raggiunto, lo mantennero come parte essenziale del loro modo di vita.
mercoledì 23 gennaio 2013
Preparazione al pellegrinaggio "mericiano" (3)
Il viaggio di ritorno dalla Terra Santa (Luigi Campini) |
Il viaggio di ritorno dalla Terra Santa a Venezia fu disastroso: delle tre imbarcazioni partite solo quella di Angela fece ritorno e tutti furono concordi nell’attribuire la felice conclusione del viaggio alle preghiere di Angela.
Tornata a Brescia riprende il pellegrinaggio alcuni mesi dopo, nel 1525, in occasione della proclamazione del Giubileo.
La meta sono le tombe degli apostoli Pietro e Paolo a Roma, sede del Vicario di Cristo, il centro stesso della cristianità.
La visita alle catacombe, l’incontro con il Pontefice, forse contribuirono a chiarificarle il significato della primo “pellegrinaggio” di S. Orsola, a cui le dedicherà la sua Compagnia. Poi è la volta del Sacro Monte di Varallo ove si recò in ben due occasioni, probabilmente nel 1529 e nel 1532.
Quando Angela torna a Brescia dopo questi pellegrinaggi ha poco più di cinquant’anni e non è più la stessa «pia donna» partita per il suo primo pellegrinaggio. La geografia della sua vita spirituale l’ha plasmata, l’ha resa più intensa e profonda, sapiente, maggiormente atta a cogliere l’essenza spirituale delle cose.
Torna carica di carisma, forse comincia a capire che il suo destino non è solo quello di recuperare la singola donna, caduta o sofferente, ma quello di riscattare l’essere femminile nella dimensione di una nuova via di perfezione spirituale con la fondazione della Compagnia di S. Orsola.
Preparazione al pellegrinaggio "mericiano" (2)
Il primo pellegrinaggio di Angela Merici (1522) è verso il sepolcro della beata Osanna Andreasi, morta stigmatizzata nel 1505 a Mantova. Ma è il viaggio in Terra Santa, datato nel 1524, a sancirne definitivamente il ruolo salvifico: Angela, pellegrina sulle orme di Francesco, assume infatti anche le valenze profetiche attribuite dal contesto religioso di fine Quattrocento al culto di sant’Orsola.
Secondo la letteratura mericiana già l’inizio del viaggio è segnato da eventi singolari che evidenziano il percorso di trasformazione e purificazione che sta intervenendo in questa donna già in età matura.
Durante il viaggio di andata, a Candia (Creta), accade un altro «segno» straordinario, una sorta di miracolo per così dire «capovolto», cioè la perdita della vista che le impedisce la visione della Terra Santa. I suoi primi biografi leggono questo episodio in chiave soprannaturale: il Signore la rende cieca nei sensi per costringerla a guardare con gli occhi dello spirito, per affinarla nella comprensione del Suo disegno.
Angela Merici al Santo Sepolcro (Luigi Campini) |
E la croce, strumento di sofferenza, diventa il simbolo dell’immenso amore.
Per Angela, dunque, il viaggio in Terra Santa rappresentò il cammino verso quell’«Amore» che trascende i limiti dell’individuo, che si abbandona al flusso divino e che, in lei, si esplicherà in quella pedagogia dell’amore che costituirà uno dei dati salienti del suo carisma.
sabato 19 gennaio 2013
Preparazione al pellegrinaggio "mericiano" (1)
Il pellegrinaggio a piedi Desenzano-Brescia che per il terzo anno consecutivo caratterizza la Festa di S. Angela, si svolgerà in due semitappe nelle giornate del 26 e 27 gennaio 2013.
Un piccolo sussidio (I pellegrinaggi di Angela e i nostri ovvero il senso profondo del camminare pellegrinando) è stato preparato per chi si accinge a vestire i panni del pellegrino, sulle orme di sant'Angela Merici: lo ripropongo suddiviso in tre momenti.
Ecco la prima parte:
Pellegrinaggi:
Il senso per chi ci ha preceduti. L’esperienza di sant’Angela Merici
Le tappe più importanti dell’evoluzione spirituale di Angela Merici (Desenzano d.G. attorno al 1476-Brescia 27 gennaio 1540) sono strettamente connesse ai trasferimenti e ai pellegrinaggi. È ancora piccola quando, rimasta orfana, si trasferisce a Salò ove si fa terziaria francescana. Scelta profonda e totalizzante che la porterà a modellare la sua vita spirituale su quella del Poverello d’Assisi, non solo per i digiuni, le preghiere, l’umiltà di vita e la diffusione della Parola, ma soprattutto per l’affidamento totale della sua esistenza alla sola Provvidenza, e sempre in “perfetta letizia”.
Nel 1516 Angela si allontana dalla Riviera salodiana e si trasferisce a Brescia come dama di compagnia in casa di Caterina Patengola. È il periodo mistico della preghiera e della carità, ma anche delle importanti frequentazioni intellettuali, nel quale affina la sua pietà, acuisce il suo senso di carità verso i poveri.
Pellegrinaggio 2011 Brescia-Mantova alla tomba di Osanna Andreasi sulle tracce di Angela Merici |
In questo particolare momento di definizione di una nuova identità religiosa e spirituale ella si dedica ai pellegrinaggi riprendendo questa modalità devozionale che aveva contraddistinto la spiritualità di altre sante medievali, a partire da S. Orsola, inserendola in un contesto più ampio di partecipazione femminile alla missione di rinnovamento della Chiesa.
Il suo primo pellegrinaggio (1522) è verso il sepolcro della beata Osanna Andreasi, morta stigmatizzata nel 1505 a Mantova.
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continua....
giovedì 17 gennaio 2013
Novena 2013: Abbiate speranza e ferma fede in Dio
E' il titolo della novena di preghiere in preparazione alla festa di S. Angela 2013, preparata da una suora orsoline FMI di Verona e che è pubblicata sul sito del Centro Internazionale di Studi mericiani, a cui rimando.
In queste giornate in cui si fa più intensa la percezione della vicinanza alla Madre S. Angela, ne faremo oggetto di preghiera e riflessione.
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In queste giornate in cui si fa più intensa la percezione della vicinanza alla Madre S. Angela, ne faremo oggetto di preghiera e riflessione.
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Quanto più sarete unite, tanto più Gesù Cristo sarà in mezzo a voi a guisa di padre e di buon pastore.
Angela Merici, Testamento, Legato decimo
martedì 8 gennaio 2013
Il cammino della pace
Raramente sentiamo dire:
"Quell'uomo si affatica in pace", "lotta in
pace", "strappa la vita coi denti in pace"...
Più consuete, nel nostro linguaggio, sono invece le
espressioni:
La pace, insomma, ci richiama più la vestaglia da
camera che lo zaino del viandante.
Più il comfort del salotto che i pericoli della strada.
Più il caminetto che l'officina brulicante di problemi.
Più il silenzio del deserto che il traffico della
metropoli.
Più la penombra raccolta di una chiesa che una riunione di
sindacato.
Più il mistero della notte che i rumori del meriggio.
Occorre forse una rivoluzione di mentalità per capire che
la pace non è un dato, ma una conquista.
Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno.
Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo.
La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia.
Esige alti costi di incomprensione e di sacrificio.
Rifiuta la tentazione del godimento.
Non tollera atteggiamenti sedentari.
Non annulla la conflittualità.
Non ha molto da spartire con la banale "vita
pacifica".
Sì, la pace prima che traguardo, è cammino.
E, per giunta, cammino in salita.
Vuol dire allora che ha le sue tabelle di marcia e i suoi
ritmi,
i suoi percorsi preferenziali ed i suoi tempi tecnici,
Se è così, occorrono attese pazienti.
E sarà beato, perché operatore di pace, non chi
pretende di trovarsi all'arrivo senza essere mai partito, ma chi parte.
Col miraggio di una sosta sempre gioiosamente intravista,
anche se mai - su questa terra s'intende - pienamente raggiunta.
(don Tonino Bello)
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